Ventuno. Un numero importante, che tinge di rosa il percorso verso la nascita della Repubblica Italiana. Perché ventuno furono le prime deputate elette durante la consultazione elettorale del 2 giugno 1946, la stessa in cui le donne per la prima volta votarono per scegliere, attraverso un Referendum, la forma di governo del Paese tra monarchia e repubblica. Il Referendum sancì la sconfitta della monarchia e la nascita della Repubblica.
E se ventuno donne su 556 deputati possa sembrare un numero poco rilevante, in realtà si trattò di un risultato di straordinaria portata, visto che le donne italiane avevano ottenuto il diritto di voto solo l’anno prima.
Ventuno pioniere, che, entrando in un ambito fino ad allora a esse precluso, presero parte attiva nelle decisioni sul futuro del Paese e nella scrittura della Costituzione Repubblicana, il ‘frutto più maturo della Resistenza’. Quella Resistenza che le ha viste protagoniste.
In migliaia si erano dedicate all’assistenza ai partigiani, alla cura dei feriti, al trasporto di armi, indumenti e cibo nelle zone più impervie, tra i monti. Da staffette, avevano garantito una rete fittissima di collegamenti tra i vari gruppi partigiani. Distribuivano materiale di propaganda clandestina, identificavano i cadaveri, avvertivano i famigliari dei caduti e li assistevano moralmente. Non venivano dotate di armi, e se catturate, dovevano tacere e subire le torture.
Il loro fu anche un impegno politico. Di ogni estrazione sociale, operaie, studentesse, casalinghe, insegnanti, in città, così come in campagna, organizzarono corsi di preparazione politica e tecnica, di specializzazione per l'assistenza sanitaria, per la stampa dei giornali, dei fogli del Comitato di Liberazione Nazionale e per la divulgazione di volantini di propaganda, a favore della lotta partigiana.
Nel 1943 crearono a Milano i “Gruppi di Difesa delle Donne per l'assistenza ai combattenti per la libertà". Da una stima effettuata a guerra finita si contarono circa 70.000 associate.
I numeri non lasciano dubbi: 35.000 partigiane nelle formazioni combattenti, 20.000 staffette, 638 le donne fucilate o cadute in combattimento, 1750 le ferite, 4633 arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti, 2.750 le deportate in Germania. Sedici Medaglie d'oro e diciassette Medaglie d'argento.
La guerra finì. Si usciva da una dittatura ventennale, che aveva calpestato i più fondamentali diritti civili e da una guerra che aveva decimato vite giovani, lasciato macerie e messo in ginocchio l’economia del nostro Paese. Da dove ricominciare? Sembrava una situazione senza scampo!
Uno scatto di orgoglio e voglia di rinascita accesero i cuori e la mente degli italiani. Si rimboccarono le maniche!
Chi non ce l’ha fatta, è partito. Molti verso l’Australia.
Fin qui nulla di diverso da quanto era successo dopo altre guerre e devastazioni nel passato.
Il fatto veramente nuovo lo hanno rappresentato le donne. Dopo la Resistenza avevano preso piena coscienza del loro ruolo e prorompente era la loro voglia di libertà anche da una cultura che avrebbe voluto che ritornassero al loro ruolo domestico, storicamente a esse "più adatto". Soprattutto sapevano che da quel momento in avanti avrebbero potuto far sentire la propria presenza e fare la differenza. E la differenza la fecero, soprattutto nella scrittura della nostra Costituzione, una delle più belle mai scritte e che ci viene invidiata dal mondo intero.
Le ventuno deputate erano lavoratrici, operaie, insegnanti, in tredici avevano una laurea. Quasi tutte avevano conosciuto il carcere, il confino o la deportazione come Elettra Pollastrini o Adele Bei.
Erano giovanissime. Nilde Iotti ne aveva solo 26 di anni, e nel 1979 diventerà la prima donna a presiedere la Camera dei Deputati.
Giovanissime eppure già madri: le "madri costituenti", che decisero sul futuro della democrazia, sul nostro futuro.
A dispetto della storiografia ufficiale e dell’immaginario collettivo che continuano a parlare solo ed esclusivamente di "padri costituenti". A dispetto della splendida foto di questa donna nell’annuncio della vittoria della Repubblica Italiana. Una Donna che guarda con orgoglio in avanti e sa che il futuro dipende anche da lei.
Concetta Cirigliano Perna
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